È proprio negli occhi di queste donne che ho incontrato le "Sicilie" che andavo cercando. I loro sguardi sono stati amorevoli, dolci e risoluti, come le loro parole spese in difesa del padre, dei figli e di un marito, di una terra, di una tradizione. Tutti hanno occhi vivi che mi hanno confuso per l'onestà intellettuale, per la sensualità che emanavano, oppure per il piglio duro con il quale affrontavano la quotidiana imprenditorialità, consapevoli di dover rendere conto al ruolo che per volontà o per dovere hanno deciso d'interpretare. Dentro hanno un brulicare di sentimenti arricchiti dalla speranza e della fierezza d'appartenere ad una terra che hanno assurto come simbolo del loro riscatto. Sono isole nell'Isola, simili a quelle che ora scruto e che sono davanti a me. Abbandono quei volti e mi sdraio sulla sabbia. Colgo un fotogramma mentre l'increspatura del mare, arricciatasi come un merletto, confonde l'orizzonte nel quale mi sembra di percepire ora uno scoglio, ora un particolare di quell'insieme di terre che ho davanti. Mi gongolo al sole, avendo la sensazione che qualcuno culli me o quelle strisce sottili di terra. Così socchiudendo gli occhi per il luccichio dell'acqua mi accorgo che con le ciglia tocco Mozia mentre con le labbra bacio appena la linea che disegna la cima della torre, poco distante. Guardo quel Mediterraneo che è stato per giorni il mio compagno e che io ho utilizzato come strumento di conoscenza. Fotografie di Giò Martorana.