"Le parole sono importanti!" urlava uno sconsolato personaggio di Nanni Moretti. Ci sono parole che invecchiano o che vengono abusate, svuotandosi di significato. Questo sembra essere il destino della leadership, termine così potente da aver ispirato una vera e propria mistica, simile a un mantra in grado di guarire ogni malattia sociale, economica, politica. Abbiamo ancora bisogno del leader titanico, decisionista, ma al tempo stesso così anacronistico e ingombrante? Forse no. Forse è giunto il momento di fare spazio a una logica non più verticistica, ma orizzontale, "di rete", incarnata dalla leadershit: il dilagare del web e dei social network ne sono un sintomo evidente. Esercitare la leadershit significa condividere e integrare il potere, le informazioni, le scelte, rifiutare le certezze calate dall'alto e accettare la complessità, cogliendone la ricchezza. In una parola, "pensare insieme". In questo scenario non è casuale che, alla vecchia figura del leader immancabilmente "maschio" si sostituisca sempre di più un'immagine dal respiro femminile, orientata al futuro e non più alla conservazione, simbolo concreto di accoglienza e relazione, calore e fiducia.