Un'umanissima, delicata pazienza attraversa questi nuovi versi di Nicola Vitale, osservatore acuto dell'esserci, poeta capace di cogliere in profondo, eppure al tempo stesso con semplicità, il manifestarsi complesso di un reale tanto veloce e assurdo, nel nostro tempo, tanto apparentemente spettacolare e rumoroso. E in questa strenua attenzione a ciò che si nasconde dietro il fragore della superficie, Vitale riesce a scandire - oltre a un felice succederei di immagini concrete eppure lievissime, di ambienti tra i più diversi, dalle gabbie dei condomini cittadini all'apertura della luce nei paesaggi - soluzioni di pacata saggezza, a volte vere e proprie sintesi definitorie della nostra condizione: "Siamo qui / corpi di una specie incredula / rinnovata all'infinito", oppure: "ogni progetto / non è che desiderio d'altro", "certi oggi di essere / cose tra le cose". I percorsi di questo pensiero sottile e acutissimo sono vari e suggeriti nelle loro fasi da alcune parole chiave, come "corpo" e "casa", "tempo" e "sentimento". Vitale, come già dai suoi esordi, come nel precedente Progresso nelle nostre voci, tende a ridefinire realtà e linguaggio secondo un'esigenza fortissima di ritorno a una limpidezza dello sguardo e del dire che sappia riacquistare un'armonia originaria, una possibilità di rilettura del mondo diretta e incondizionata.