Valerio Principessa esordisce con un romanzo dove le parole valgono tutto, affondano il colpo e poi sorprendono. La casa della signora Michiko ci conduce dietro le porte di una casa di accoglienza per ragazzi orfani o provenienti da situazioni difficili. Gabriel è uno di loro e la sua solitudine ed irrequietezza sono spezzate soltanto da una passione quasi segreta: quella per le parole che non sono traducibili in altre lingue, ma rimangono proprietà di una sola cultura, di un solo popolo, come wabi-sabi o iktsuarpok. Quando viene accolto dalla signora Michiko, nel verde del quartiere Monti a Roma, Gabriel capisce che questa anziana signora può comprendere fino in fondo il suo disagio e anche il suo amore per le parole. Una mattina però Michiko scompare, lasciando dietro di sé solo dei misteriosi haiku. Prima che gli assistenti sociali si accorgano della scomparsa della donna e portino via tutti i ragazzi, gli ospiti della casa di accoglienza devono gestirsi da soli, conoscersi davvero ed imparare ad aiutarsi, con una missione e con uno scopo comune: ritrovare Michiko. Valerio Principessa ci porta alla bellezza della scoperta, all’amore per gli altri e per le parole che non hanno risposta. Lo fa con un romanzo emozionante come La casa della signora Michiko.