Con la pubblicazione di "Quando la rucola non c'era", "I cretini non sono più quelli di una volta" e "Anche a costo di mentire" in un'unica edizione, i diari di memorie di Enrico Vaime per Aliberti assurgono finalmente al rango di trilogia. Senza scomodare gli illustri precedenti della letteratura italiana, da Goldoni a Calvino questa vaimiana è davvero una trilogia. Prima di tutto per l'oggettivo ordine di sequenza cronologica che le tre "puntate" dell'autobiografia dispiegano al lettore. Si comincia dalla ormai celebre rucola, che ai tempi del Vaime ragazzo "non c'era, o magari non c'era dappertutto come adesso". Si giunge, attraversando il confronto col padre, la naia e i casini (in senso edilizio), al fatidico I960: l'età del "boom", che per il giovane Vaime coincide col personale exploit dell'entrata in Rai. A questo punto, la Recherche vaimiana scivola, dondolandosi fra pubblico e privato, lungo il decennio che porterà dritto al Sessantotto. E si approda così agli anni Ottanta: vero sfondo paesaggistico del terzo volume, Anche a costo di mentire, in cui campeggia, sul piano storico e su quello simbolico, il grande totem della televisione commerciale. È tutto un salto, in avanti e all'indietro, fra vita e memoria. Così, alla fine, si compie il destino tipico di ogni trilogia: quello, cioè, di essere in fondo un unico grande racconto.