"Il fascino discreto dell'amnesia è degli eletti". Gli altri sono tutti costretti a ricordare, a ripensarci, a fare bilanci e a tornare indietro. E provare anche una strana inaspettata nostalgia. E allora dopo l'autobiografico "Quando la rucola non c'era" si può sentire l'esigenza anche di un secondo capitolo, perché, "tu chiamale, se vuoi, rimozioni", ma delle cose Enrico Vaime le aveva omesse, e c'era quasi un'altra vita da raccontare. La vita che comincia nel 1960 con l'ingresso in Rai, dove se volevi fare qualcosa di meno che idiota te lo dovevi inventare, le amicizie con Nino e Roberto, con i quali attraversa Milano, gli incontri con Luciano Mastronardi, che chiese in sposa la figlia del più celebre studioso di letteratura italiana, con Giovanni che faceva la rivoluzione al piano di sopra di una sala da biliardo, con Celestino, pieno di figli oltre che di soldi e di quadri di famiglia, con contesse e grandi produttori, ballerine che ballavano da ferme e sassofonisti che eseguivano Mood Indigo in sottoveste di pizzo. Altri personaggi, altro viaggio. In un passato vicino, "quando eravamo felici" e del quale, qui, si recupera anche il linguaggio, senza tanti problemi di consecutio e corretta dizione. Una finestra su un mondo che non riusciamo più a immaginare, nel quale ci si capiva meglio e tutto era più facile.