Con il titolo "La cenere e il niente. Scritti per Varlin" si viene quasi a presentareun trittico novecentesco, consequenziale di Giovanni Testori sull'arte del Novecento, accanto ai due libri precedenti: "La cenere e il volto. Scritti sulla pittura del Novecento", "La cenere e la carne. Scritti sulla scultura del Novecento" (con prefazione di Vittorio Sgarbi). Un viaggio psichico, tematico, espressivo nell'arte del Novecento dove la scrittura è accadimento vissuto, evento nella dialettica senza fine della luce e dell'ombra. Luogo e non luogo di questi testi testoriani è Bondo (Canton Grigioni - Svizzera) dove la pittura di Varlin arriva a una "grande deflagrazione", ultima soglia, congedo. Nella scena oggettuale, incorporea, Giovanni Testori ama richiamare la grande triade in figura: l'indicibile interiorizzazione di Giacometti, la tragica immanenza di Bacon, la sconfinata lingua del corpo di Varlin.