"Parole di pietra" è testimonianza della maturità e della grandezza di una cultura, quella albanese, poco conosciuta nel resto d'Europa perché oscurata dai fatti della politica e dell'odio interetnico. Ma è, soprattutto, un atto di fede nei confronti della parola poetica: nata da un processo creativo estenuante e doloroso, la poesia, "sangue della penna", è la sola forza in grado di infrangere il male, è verbo che si contrappone al silenzio dell'odio, è resistenza, restituzione di un equilibrio intellettuale e spirituale che "il fiore maligno" disseminato fra la gente ha del tutto sconvolto. Shkreli indaga l'esperienza esistenziale, ne fa emergere l'essenza e la tragicità e le illustra con immagini di grande impatto. Il passato glorioso del suo popolo, interiorizzato e conservato, si intreccia con il presente in cui l'intellettuale ha una missione: rifiutarsi di tacere, nella consapevolezza che quando anche la parola ci avrà abbandonati per sempre, avremo perso ogni speranza di redenzione.