Una madre malata che muore lasciando un vuoto incolmabile, un amante violento ed erotico che non dà tregua e fa di lei una schiava senza volontà, le origini lontane che seducono come sirene. Questi i temi del romanzo d'esordio di Tatiana Salem Levy, un romanzo definito dalla stessa autrice di "auto-fiction". Sì, perché questa è la sua vera storia, la storia di una ragazza nipote di ebrei turchi, nata a Lisbona e poi emigrata a nove mesi in Brasile. Una vita di racconti, di memorie ascoltate, fino al giorno in cui il nonno, prima di morire, le consegna la chiave della sua casa a Smirne, in Turchia, dalla quale era partito da ragazzo per emigrare in Brasile in cerca di fortuna. Dandole la chiave dell'antica casa, la esorterà ad andare a ritrovare le sue origini. Un viaggio affascinante quello della protagonista, fatto di ricordi non vissuti che riaffiorano insieme a un presente che continua a perseguitarla ovunque vada, perché questa donna non è una soltanto, ma molte che a tratti prendono il sopravvento. Ed è sorprendente come il dolore amoroso, esplorato all'estremo del lirismo e della crudeltà, ritorni sempre a tenderle una mano, come se la inseguisse. E lei che lo fugge, per inseguire una nuova felicità che scoprirà solo alla fine del viaggio, se lo trascina comunque dietro in squarci di pagine di erotismo puro che sono immagini vere, indelebili, di una passione che travolge e annichilisce.