Nonostante la tragica decisione di porre fine alla propria vita all'età di appena ventitré anni e a dispetto della sua inevitabilmente esigua produzione letteraria - una tesi di laurea mai discussa sui concetti di persuasione e rettorica in Platone e Aristotele, una sorta di operetta morale intitolata "Il dialogo della salute", un gruppo sparso di poesie; opere per di più non destinate alla pubblicazione - Carlo Michelstaedter viene a ragione considerato autore di primo piano nella storia letteraria italiana del Novecento. Nato a Gorizia, formatosi culturalmente a Firenze dove frequenta gli studi universitari, lettore appassionato dei presocratici, di Leopardi, Ibsen, Tolstoj, il precoce filosofo viene qui proposto nella sua veste di poeta, ovvero autore di quel Canzoniere al quale egli affida il suo più autentico e straziante testamento spirituale, frutto di un disagio esistenziale che era anche di un'intera generazione di intellettuali. L'indagine critica su Michelstaedter si chiude con la riproposizione del suo intero corpus poetico, insieme a un ulteriore saggio che mira a mettere in evidenza le non poche affinità letterarie riscontrabili in scrittori, solo apparentemente distanti, quali il giovane suicida e l'umile sacerdote Clemente Rebora.