Della morte non si dà rappresentazione. Niente sembra potersi riflettere nel suo specchio buio o riecheggiare nella sua muta quiete, sicché le forme, i colori, i suoni, le parole con cui le opere d'arte cercano di raffigurarla, finiscono per produrre soltanto bellezza impotente. Ma, nonostante sia votato allo scacco, si rinnova continuamente il tentativo della vita di esprimere in immagini il proprio esito ineluttabile e inconoscibile. È questa inesausta energia vitale di ogni cultura artistica di fronte alla morte l'oggetto dell'originalissimo saggio di Giorgio Pigafetta. Dagli ambiti più diversi pittura, narrativa, cinema, architettura, poesia, teatro, fotografia - vengono prelevate venti figure che sfidano l'impossibile, incaricandosi di rendere la morte visibile allo sguardo dei mortali. Sotto le sembianze del vivente ischeletrito di Albrecht Dürer, o nei veri cadaveri plastinati di Gunther von Hagens, attraverso la carne purulenta del Filottete sofocleo, che si decompone da vivo, o lungo il corpo inerte di Marat appena ucciso sulla tela dì Jacques-Louis David, va in scena la multiforme declinazione del rapporto tra vita e morte: la loro asimmetrica alleanza, l'effimero dominio dell'essere, la permanenza senza rimedio del nulla.