Durante il regno del Sud Vittorio Emanuele III scrisse le sue memorie per rispondere alle accuse che venivano mosse a lui e alla monarchia e per garantire una fonte di introito per la moglie Elena, dopo la sua scomparsa. Quando, però un quotidiano romano monarchico cominciò a pubblicare delle memorie attribuite a Vittorio Emanuele III, il re in esilio le dichiarò apocrife e negò persino di aver mai scritto memorie. Attorno alle memorie del re si è andato sviluppando un vero e proprio giallo, sia pure dai contorni rosa, che ha l'aspetto di una storia di famiglia. Il dattiloscritto fu affidato da Vittorio Emanuele III sul letto di morte alla regina Elena, la quale avrebbe voluto pubblicarlo. L'intenzione dell'ex sovrana si scontrò con la ferma opposizione del figlio Umberto II. Negli anni cinquanta e sessanta si susseguirono una ridda di conferme e smentite sulla esistenza stessa delle memorie e si sviluppò una confusione (volutamente fatta) tra memorie e diari. La caccia alle memorie vide impegnati editori stranieri, grandi quotidiani italiani e grandi giornalisti. Secondo autorevoli testimonianze le memorie sarebbero state bruciate, ma non si può affermare con sicurezza che tale sorte sia toccata a tutte le copie. Il volume presenta in appendice anche il testo, sconosciuto e introvabile, delle memorie apocrife pubblicate nel 1946.