Il suicidio di Ian Curtis, poco prima dell'uscita del secondo e ultimo disco della band, ha consegnato alla leggenda (e anche alla mistificazione) la storia dei Joy Division: lo scrittore Chris Ott si impegna a tenere distinti realtà e imbroglio mediatico per ricostruire con puntualità la creazione del primo lavoro dello storico gruppo inglese e far emergere, a quasi trent'anni di distanza, la forza che continua a renderlo grande. Con il suo suono e il suo stile inconfondibili, con la voce unica e penetrante di Ian Curtis, l'album d'esordio dei Joy Division è un "manifesto fosco", come lo definì Melody Maker, "capace di avviarsi a uscire dal ventesimo secolo senza nostalgia, segnando il presente e indicando il futuro. Un capolavoro". Le atmosfere inquietanti del disco, nutrite di tutta l'energia del movimento punk da cui il gruppo traeva origini e ispirazione, hanno contribuito a gettare le premesse per l'evoluzione della scena musicale alternativa inglese e internazionale. Un mito degnamente celebrato dal film presentato con successo dal regista, autore di videoclip e fotografo di fama Anton Corbijn.