Nelle trenta Odi che compongono questa antologia oraziana, il classicismo raggiunge il suo vertice per la limpidezza delle immagini e l'universalità dei contenuti. Si percepisce anche la componente ellenistica nella grande raffinatezza stilistica, ottenuta attraverso un intenso labor limae e nella varietà dei metri e degli argomenti. Per quanto riguarda le tematiche amorose, non presentano l'immediatezza della passione, in quanto Orazio da saggio epicureo, abituato ad osservare la realtà senza lasciarsi troppo coinvolgere, mantiene un certo distacco. Genuinamente epicureo è il tema dell'amicizia, che è resa più intima da quel tipo di complicità, che consente di rievocare piacevolmente anche episodi poco edificanti, come la fuga e l'abbandono dello scudo in battaglia e che spesso si lega alla consuetudine del convito rallegrato dal vino. Un ruolo importante ha la natura che nulla ha di manieristico, ma palpita di una vita panica colta nei suoi vari aspetti. Profondamente amata dal poeta, spesso è assunta a metafora dei sentimenti umani o è evocata come luogo dell'anima. Sotto il profilo esistenziale ciò che caratterizza questo gruppo di Odi è uno struggente sentimento della caducità di ogni forma dell'esistere. Da qui l'invito al carpe diem, che non è un'esortazione a godere la vita, ma una massima di saggezza, un consiglio a non fare affidamento su un domani incerto e a cogliere piuttosto ciò che di buono l'oggi ci offre.