Come un romanzo autobiografico, Zucchero si racconta attraverso le canzoni, mette a nudo se stesso e ogni suo stato d'animo: amore, dolore, incertezza, speranza, utopia. Talvolta capita che le decine e decine di brani del vocalist di Roncocesi siano accolte con pacatezza e serenità dai numerosissimi fans, benché altre volta succeda che la musica stringa come una morsa allo stomaco da cui un pubblico ormai intergenerazionale, dai pensionati ai teenager, attende sempre ulteriori sorprese. Egli in effetti sa essere toccante, perché rimane via via coerente, veritiero, ruvido, timido, riservato, mesto, gaudente, sia come artista famoso sia in quanto essere umano. Più che la cronaca risaputa di successi ineguagliabili e di personaggi famosi, Michelone invita a scoprire un musicista che ad esempio lavora gomito a gomito con Eric Clapton avendone timore reverenziale, un cantante che parla di Bono Vox e della sua profondità umana mettendone in luce l'essenza come quella di una persona normalissima. In fondo il musicologo teorizza indirettamente che Zucchero è un uomo sereno nella vita di musicista, forse anche tranquillo, pacato, gioioso nella pace di uomo libero, ai confini tra l'Emilia, la Lunigiana e l'Universo. Introduzione di Laslo Kovacs