Emanuele Severino, riflettendo sugli esiti della civiltà occidentale, invita l'uomo contemporaneo a "guardare in faccia", con Leopardi, la illusorietà del paradiso della tecnica e ad assumersi di conseguenza la "responsabilità" del tempo presente, nel quale - per dirla con Nietzsche - "Dio è morto". Se è vero, infatti, che "gli dei sono fuggiti" (Hölderlin), non si può sperare, come vorrebbe invece Heidegger, nel loro "ritorno". Allo stesso tempo, tuttavia, Severino si fa testimone di una "salvezza" alla quale l'uomo è destinato nel superamento dell'angoscia, del dolore e dell'orrore della morte - una salvezza che, com'egli cerca di argomentare, non può essere neppure quella promessa dalla fede cristiana, ma risiede nel "paradiso" della verità che da sempre appare, anche se non le si dà attenzione e a cui la filosofia presta il linguaggio. Questo "incontro di pensiero" con Emanuele Severino intende fondamentalmente ripercorrere le tappe che vanno dalla iniziale armonia tra la filosofia e la fede cristiana che egli professava da giovane filosofo, fino al suo spezzarsi negli anni della maturità filosofica.