Nei primi decenni del XX secolo, l'affermazione del giornalismo e dell'industria culturale, in una società che si avvia a diventare di massa, impone a scrittori e uomini di cultura una ridefinizione complessiva del proprio ruolo. Coloro che, in modi diversi, si riconoscono nel progetto prezzoliniano della "Voce" interpretano l'esortazione desanctisiana alla lezione delle cose come una sollecitazione al confronto con modi rinnovati di scrivere e comunicare, in una situazione inedita di accesso allargato al bene di cultura. Mentre Ambrosini e Prezzolini conducono le loro inchieste sulla stampa quotidiana o tentano un censimento militante nella costellazione inquieta delle riviste d'arte e di pensiero, Renato Serra riflette sui mutamenti che investono l'universo letterario, la figura del critico e gli stessi processi di scrittura. A queste voci si accompagna quella di Guido Gozzano, lettore di Petrarca, in cerca di una identità possibile per la poesia moderna, nell'orizzonte mobile e problematico della 'tradizione del nuovo'.