"L'arte pretende, da sempre, coraggio. Anche quando opera sotto committenza, l'artista autentico mette in archivio la tradizione per sperimentare linguaggi nuovi. In età moderna, la reazione all'ordine e al progresso razionale esaltati dal positivismo e messi in crisi dal decadentismo sfociano nella progettualità bellicosa e antipassatista del futurismo, nel ready-made di Duchamp, nella radicalità linguistica del cubismo, nel nonsense antiborghese del dadaismo, nella condensazione onirica del surrealismo. Dagli anni cinquanta del secolo scorso, le neoavanguardie cercano nuovi orizzonti di vita per un'umanità ferita dalla guerra. Nel decennio successivo è il 'Gruppo' che si cimenta alla scala del coraggio individuale, come avviene nelle esperienze di Gutai, Fluxus, Happening, azionismo viennese e nelle personalità singole di Joseph Beuys e Piero Manzoni, come nell'opera demiurgica e liberatrice di Hermann Nitsch, Rudolf Schwarzkogler e Gunther Brus. Gli anni settanta sviluppano fino alle estreme conseguenze le operazioni linguistiche spregiudicate: il tema dell'immortalità trattato da de dominicis, il tema dell'incesto trattato da vettor pisani e le pratiche rituali dell'azionismo viennese. Finalmente, a partire dagli anni ottanta, l'arte prosegue il proprio affondo coraggioso affrontando tematiche sociali quali le discriminazioni, la difesa delle minoranze, l'ecologia e la lotta alla violenza."