Nulla è più antipolitico della corruzione morale e materiale di quella classe dirigente locale e nazionale che, secondo la Corte dei Conti, costa al Paese non meno di 60 miliardi d'euro l'anno - una tassa occulta di 1.000 euro per ogni italiano, neonati inclusi. Una grave malattia, di cui Pavia è eloquente metastasi. Nella ridente cittadina lombarda, qui elevata a paradigma politico-morale del Paese, per anni si è assistito ad un vero e proprio assalto dei beni comuni e ad un'altrettanto sistematica e occulta irrisione delle norme civili, a partire da quelle più elementari. Tutto questo inconsapevolmente suffragato dal laissez-faire dei media e di buona parte della società civile. Scarti minimi, come il mancato rispetto delle regole, o sotterranei, come la compra del consenso di giornali radio e tivù attraverso la pubblicità hanno elevato l'arbitrio a norma, incrinando il tessuto democratico, dandogli progressivamente scacco.