"Tutte le leggi di cui un ministro gonfia il suo portafoglio sono vane cartacce che non possono farci vivere, né impedirci di vivere". Jerome Coignard è un abate illuminista che - come scrive il suo creatore Anatole France - non temeva di tener testa al suo tempo. Disilluso, ironico, provocatore irritante ma pacifico e schivo, convinto che il tempo l'avrà vinta su tutto, piuttosto che offrire consigli per una rivoluzione, fornisce alcune contromisure per ridimensionare il potere. Lo fa nel corso di alcune "conversazioni filosofiche" che si svolgono in un umile quartiere della Parigi dei primi decenni del Settecento, popolato dagli straordinari personaggi di un altro grande romanzo di France, La rosticceria della Regina Pédauque. Nelle Opinioni dell'abate Jerome Coignard, pubblicato per la prima volta nel 1893, il bersaglio di France sono le istituzioni corrotte della Terza Repubblica francese. Ma la raffinata e ironica analisi dell'abate, spalleggiato dal suo discepolo Jacques Girarrosto, resta un vademecum sempre valido: un'indicazione per guardare a noi stessi e ai nostri simili con sguardo libertario e fraterno, con l'aspirazione di sottrarsi a meccanismi disumani... "non scambierei la mia esistenza con quella del grande Cesare. Costerebbe troppo alla mia innocenza. Preferisco essere un uomo oscuro, povero e disprezzato, come in effetti sono, che salire a quell'altezza da dove, per vie sanguinose, si aprono nuovi destini all'universo".