"Terre comuni" esplora le potenzialità degli spazi aperti della città contemporanea come nuovi spazi di relazione. La città contemporanea è una moltitudine di parti edificate disperse in un vuoto; lo spazio pubblico si ritrae in scatole e recinti separati dal contesto. La grande quantità di spazi aperti di questa reverse city suggerisce, di contro, una riflessione per una loro, almeno parziale, significazione pubblica. L'attenzione si sposta così dall'oggetto allo spazio tra gli oggetti, fissa il proprio fuoco sui residui: i vuoti inutilizzati, le aree dismesse, i frammenti agricoli e naturali, le spianate tra i contenitori specializzati e le piazze dei quartieri moderni. Spazi che, proprio in quanto "laterali" presentano potenzialità di trasformazione e caratteristiche tali da configurare un nuovo tessuto connettivo tra i frammenti della contemporaneità. Si attribuisce così agli spazi aperti un carattere riconducibile alla tradizione dei parchi territoriali e urbani, ma che, ad integrazione di questo significato, si intende declinare anche con modi più propriamente urbani e civici. Modi che hanno l'ambizione di concorrere a una figura spaziale - che chiamiamo "terra comune" - capace di concorrere a trasformare il rumore della città contemporanea in frammenti armonici, alla ricerca di nuovi suoni e ritmi.