Kamal è un ragazzino nepalese, orfano, naufrago nella miseria, eppure appartenente all'alta casta dei Newari, la casta egemone a Kathmandu, culla floreale dell'omertà. È innamorato di Buddha, il cui nome egli pronuncia per allontanare la paura mentre si sciacqua nelle pozzanghere o durante le meditazioni del nonno sciamano. Come tutti i suoi coetanei carezza il sogno di una vita, ma a differenza di essi sacrifica il corpo per realizzarlo: svende un rene ai trafficanti di organi che operano tra Oriente e Occidente. È una piaga di inaudite proporzioni che contrasta la diffusa spiritualità orientale, una dualità spirito/macelleria che si ripete in tutto lo sfogo di Kamal. È un vomito silente che scorre nel cinismo dei turisti sui risciò, nelle mani dei medici collusi con le organizzazioni dedite alla mercificazione delle vite, nella violenza e nello schiavismo perpetrati sui minori. Un vomito che rifluisce intorno ai bordi della vergogna e della rabbia, in cui a sopravvivere resta solo il sentimento improvviso della pietà come una reincarnazione nel futuro.