"Le mie passeggiate, Procida, il cane, il passato parassitario e il passato remoto, Costanza, la cartolina, i critici, il rimuginare. Ce n'è abbastanza per ricominciare. Ma si può trovare del ridicolo in tutto ciò. Del resto sarebbe sorprendente se non fosse così. Si comincia per un naufragio, un'euforia. L'incipit è sempre paradossale." Inizia così "Le forze in campo", scritto da Franco Cordelli nel 1979, a sei anni da un fortunato esordio. E il suo "incipit paradossale" sembra contenere delle scuse anticipate, per non aver saputo vincere la tentazione del narrare che esplode al massimo grado nello stralunato diario di una voce narrante sui generis, quella di un ex boxeur in pensione che trascorre le proprie giornate in un circolo sportivo all'Acquacetosa, dividendosi tra lezioni di tennis, pettegolezzi, invidie e svogliate passioni. "Le forze in campo" è anche e soprattutto un romanzo che, a trent'anni dalla stesura, si legge sempre con lo stesso piacere, per la suggestione delle atmosfere, l'intrigante schizzo di personaggi e ambienti, l'ironia agrodolce che permea ogni pagina.