Ciò che accomuna le pratiche filosofiche è forse l'istanza di intervenire sul reale non per riprodurre o riqualificare l'esistente, ma per introdurre un modo di esercitare il pensiero che consenta di aprire il linguaggio delle persone e di ampliare l'orizzonte lessicale e semantico delle parole che usano e grazie alle quali vivono e si descrivono. Se l'ipertrofia della comunicazione oggi ha, per ossimoro, atrofizzato queste capacità, la filosofia, secondo le autrici, proprio perché pratica molteplici linguaggi e diversi codici ermeneutici, può riattivare l'attitudine a sapersi guardare e ad acquisire una complessità riflessiva all'altezza dell'esistente, grazie a un progressivo ampliamento del proprio orizzonte simbolico, che direttamente implica l'arricchimento del pensiero. A fare da tessuto connettivo a questo testo sono il tema della domanda e il significato del domandare; e una sfida sottesa, pur nella diversità dei due approcci: la convinzione che la diffusione di una "sensibilità filosofica" possa far maturare un diverso atteggiamento riflessivo per la lettura e la comprensione dei problemi che la vita di ognuno incontra e la decodificazione delle difficoltà gestionali o relazionali in cui si imbattono le organizzazioni.