"Roberto Cescon ci offre un libro di poesia impietoso e pietosissimo al tempo stesso, che mostra la perdita della relazione di continuità antropologica nella quotidianità di un luogo e di un ambiente sociale preciso. Non è la perdita del passato e del futuro, infatti, a ossessionare il susseguirsi delle annotazioni in versi di Cescon, ma il loro essere già destinati per sempre in una dimensione di intangibilità, di esclusione da una vera possibilità di essere forza viva dell'agire (e del pensare) quotidiano. La direzione delle cose significa perciò la perdita di opacità del sé, la scomparsa del "segreto" che ognuno almeno una volta ha pensato di portare attraverso la propria esperienza come vera fonte di senso e di rivelazione." (dalla prefazione di Gian Mario Villalta)