Nonostante Keynes nel 1930 avesse profetizzato per i suoi nipoti un futuro libero dallo spettro della disoccupazione involontaria, all'alba del ventunesimo secolo i senza lavoro si contano a milioni, non solo nel Meridione italiano ma in tutto il mondo industrializzato. Questo libretto si interroga sulle cause, ripercorrendo le vicende storiche che ci hanno portato nuovamente a convivere col paradosso della povertà nell'abbondanza. Alla base del ragionamento, l'idea che i nostri malanni affondino le radici nel fraintendimento della lezione di lungo periodo della rivoluzione keynesiana: se è vero che la tecnologia si sviluppa più velocemente della nostra capacità di inventare nuovi posti di lavoro per la manodopera che il progresso rende superflua, non sarà il caso di cominciare a pensare a come ripartire fra tutti il tempo liberato dalla necessità di lavorare, piuttosto che continuare nell'assurdità di far lavorare troppo alcuni e lasciare disoccupati troppi altri?