Un uomo, l'autore stesso, è alle prese con l'età che avanza, con il futuro che si restringe sempre più e con l'Alzheimer della madre ultranovantenne. Dai primi sintomi della malattia al difficile trasloco in una residenza per anziani: l'ormai cadente casa di famiglia viene chiusa e con l'ultimo giro di chiave il passato è quasi del tutto perduto. Il filo portante della narrazione è costituito dalle visite alla madre, con le sue domande ripetute in maniera ossessiva, i suoi smarrimenti, i suoi capricci quasi infantili, le crescenti difficoltà a riconoscere i nipoti o il figlio stesso, le dolorose lacerazioni che si producono in entrambi. Al racconto commovente del rapporto con la madre si alternano le confessioni autobiografiche sullo spaesamento in un'epoca di Covid e di guerra, le riflessioni sull'identità e sul timore della morte, e le digressioni sul funzionamento del cervello e della memoria, sulla malleabilità e l'illusorietà dei ricordi, sulle ricerche nel campo dell'Alzheimer. Bruno Arpaia sa fondere tutti questi elementi in un racconto teso ed emozionante, non privo di una soffusa e rassegnata ironia, in cui convergono molti dei demoni che ci assillano e dei tentativi per sconfiggerli, ridefinendo e ampliando la nozione stessa di romanzo.