Questo volume si propone di colmare una lacuna negli studi sul Seicento come anche in quelli su Dante, dimostrando l'importanza della "Divina commedia" come testo di influenza sulla cultura del Barocco in Italia. E cultura intesa in senso ampio: letterario certo, con ramificazioni che toccano il poema epico, la lirica, la satira, la poesia religiosa e quella burlesca, ma anche ambiti molto diversi, quali la nascente scienza, la linguistica, la didattica, la manualistica, e la cultura orale e popolare. Si viene così a riscoprire la vitalità e varietà di interazioni che gli ammiratori secenteschi di Dante seppero operare a partire dal testo della "Commedia", e questo a lato e anzi a dispetto di pur significative posizioni contrarie, quali l'ostilità della cultura controriformata e il gusto dominante per il "moderno". Eppure anche le voci dell'opposizione, a ben vedere, non fanno che dimostrare in altra maniera come Dante restasse nel Seicento una figura di rilievo, con la quale perfino i suoi detrattori sentivano di doversi continuamente confrontare. Il che si fa solo per un nemico che si teme, e di cui si riconosce il potere.