Il libro analizza i rapporti di due tra i più efficaci organismi repressivi del regime fascista - la polizia politica, conosciuta come OVRA e il ministero della Cultura popolare, conosciuto come MINCULPOP - con il mondo della cultura e dello spettacolo di allora, inframmezzato da un caso politico emblematico e stridente, quello di Altiero Spinelli, condannato al carcere e al confino in quanto oppositore militante. I personaggi trattati sono molti: dal campione di pugilato Primo Carnera al commediografo Giovacchino Forzano, dallo scrittore e regista Mario Soldati al poeta Filippo Tommaso Marinetti, dal tenore Beniamino Gigli al giornalista Leo Longanesi, dall'attrice Elsa Merlini all'attore Osvaldo Valenti. Ma la gamma di chi accettò di convivere con il fascismo, di entrare nei suoi ingranaggi per distaccarsene all'ultimo, quando il regime crollò dall'"interno" travolto dai suoi stessi errori, è molto più ampia. La tesi di fondo è dunque la seguente: finché tutto mostrò di funzionare a dovere non mancò il consenso al regime dei ceti intellettuali e del mondo dello spettacolo, infatti molti dei suoi rappresentanti per opportunismo o convinzione si iscrissero al partito e magnificarono le scelte compiute nel paese, sfruttando a fondo le opportunità che senza dubbio gli vennero generosamente offerte. Quando l'edificio creato minacciò di sgretolarsi come un castello di sabbia il consenso affievolì e si assisté a una generale abiura, a sottili distinguo e soprattutto a uno spalleggiarsi a vicenda...