Luigi Bernardi è stato un formidabile editor, scrittore e guastafeste. Ma non è necessario saperlo per godere di questo libro, scritto mentre lottava contro il male che lo avrebbe portato via nell'ottobre del 2013. Non è necessario per due motivi. Uno, perché Bernardi non ha mai voluto essere una cosa sola, ha anzi cercato di occupare sempre una posizione critica, persino nei confronti dei successi ottenuti, per trovare piuttosto nuove strade, anticipare il futuro, non lasciarsi afferrare dalle mode. Due, perché nel momento in cui la malattia è entrata nella sua vita, portando una sentenza senza appello, Bernardi ha deciso di consegnarci un autoritratto privo di qualunque indulgenza o retorica, mostrandosi nudo di fronte allo specchio: semplicemente un uomo, con le sue grandezze e le sue miserie. "L'intruso" è il diario, lungo un anno, di qualcuno che ha molto amato le parole - «nel raccontare, non tutte le parole sono uguali» - e non ha rinunciato a cercarle, a spremerne tutta la bellezza, persino quando la fine era vicina. È una lucida presa di coscienza che nella vita non si è pronti quasi a niente - «l'angolo delle sorprese è sempre pronto a riempirsi» - e la scrittura può diventare la più profonda, eterna forma di condivisione.