Di fronte agli attuali tentativi di cancellare dalla memoria pubblica il Risorgimento e i suoi valori e di indebolire l'unità nazionale, appare opportuno riproporre due saggi, usciti su riviste mezzo secolo fa e mai ripubblicati, sul compimento dell'unificazione territoriale, che comportò la fine del potere temporale dei papi e il trasporto della capitale da Firenze a Roma. Non fu facile alla "città eterna", che rimaneva anche capitale della cattolicità, definire il suo nuovo ruolo di capitale di uno Stato moderno, liberale e laico, in cui oltre tutto sussistevano forti differenze regionali. E non fu neppure facile per l'Italia accettare una capitale che era allo stesso tempo ineluttabile e ingombrante. Su questi aspetti si concentra questa ricerca minuta e ravvicinata che analizza, soprattutto dal punto di vista elettorale e fiscale, i problemi derivanti da un lato dalla rapida estensione al Lazio dell'ordinamento amministrativo e della legislazione italiani, dall'altro dal fatto che il governo aveva in qualche modo paura della sua stessa audacia. Queste difficoltà e ambiguità non sono mai state completamente superate: esse, suggerisce l'autore, sono causa ancora oggi dell'"odi et amo" di molti italiani nei riguardi di Roma.
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